Agrimonia in fitoterapia
L’Agrimonia (Agrimonia Eupatorium) è una pianta erbacea perenne usata in fitoterapia appartenente alla famiglia delle Rosacee, può raggiungere 60 cm. di altezza, le sue foglie sono dentellate di colore grigio-verde con fusto cilindrico, eretto e peloso. I fiori sono gialli a cinque petali e raccolti in spighe.
Fiorisce all’inizio dell’estate. I frutti sono acheni. Questa pianta è molto diffusa in gran parte delle regioni del mondo, anche in Italia cresce spontaneamente nei prati, nei pascoli, nelle siepi, in luoghi soprattutto soleggiati. In fitoterapia vengono utilizzate le parti aeree. I componenti dell’agrimonia sono : acido ursolico, tannini catechici, fitosteroli, olio essenziale, flavonoidi (quercetina, kaempferolo), acido silicico, citrico,malico, nicotinico, acido ascorbico, vitamine K e B1. Grazie alla presenza di triterpeni e tannini l’agrimonia, per uso esterno, vanta una buona azione antinfiammatoria, cicatrizzante, antisettica ed analgesica. Ottimo decongestionante nelle infiammazioni della congiuntiva e buon rimedio antipruriginoso nelle affezioni dermatologiche; mentre assunta via sistemica può essere impiegata come e per astringente nelle faringiti, nelle gastroenteriti e nelle infiammazioni intestinali. Alcuni studi riportano l’impiego della pianta nelle gastralgie sostenute da gastrite o da ulcera gastroduodenale per la sua azione sedativa locale; e proprio per queste proprietà sedative, il suo utilizzo può essere esteso al trattamento delle faringotonsilliti e delle stomatiti ma anche nelle forme nevralgiche, nelle fibrositi, nelle artriti e nelle periartriti. L’agimonia presenta anche un’interessante attività antiallergica trovando impiego in tute le patologie su base allergica e disreattiva, nelle forme orticarioidi ma anche nelle colecistopatie, cefalee, emicranie.
L’agrimonia è piuttosto impiegata in ambito veterinario per la cura, uso topico, di ulcerazioni e piaghe negli animali. I fiori dell’agrimonia venivano usati per tingere i capelli di giallo vivo. Si apprezza molto l’infuso di agrimonia, dal gradevole sapore e dall’attività stimolante. L’Agrimonia (Agrimony) è anche un rimedio floriterapico nei Fiori di Bach, una tecnica particolare dell’omeopatia. Nel X sec. Santa Hildegarda annoverava l’agrimonia quale pianta elettiva per le malattie mentali; una sua citazione: “l’agrimonia nell’acqua e con quest’acqua gli si lavi la testa; un panno contenente la stessa erba gli sarà applicato sul cuore fino a che egli prova un deliquio, gliela si metterà allora sulla fronte e nelle tempie: l’intelligenza e la ragione saranno purificate e il malato sarà libero dalla sua follia” . Secondo molti autori il termine Agrimonia deriverebbe da Argemone, pianta in grado di guarire una malattia dell’occhio, l’albugine (in greco argemon). Anche nella tradizione popolare siciliana, una particolare infezione delle palpebre veniva indicata con il nome “agrimonia”. Per altri il nome Agrimonia deriva dall’unione della parola latina “agri” (campo) e dalla parola greca “monios” (selvatico), termini alludenti ai luoghi in cui la pianta nasce. Le proprietà oftalmiche della pianta sono riportate in vari erbari. Mentre Eupatorium farebbe riferimento a Mitridate Eupatore (I-II sec. a.C), re del Ponto, che per primo avrebbe introdotto l’uso terapeutico della pianta. Secondo altri autori invece, il termine Eupatorium deriverebbe dal termine greco Epatorion da Epatis e Epar (fegato). Questa pianta infatti veniva molto impiegata nella cura delle malattie epatiche. Culpeper nel 1652 scriveva: “Il fegato è il formatore del sangue, ed il sangue colui che nutre il corpo, e l’Agrimonia è quella che fortifica il fegato”. La conoscenza di questa pianta risulterebbe essere molto antica, come si può dedurre dal ritrovamento di frutti di agrimonia in siti di origine neolitica.
Per il suo contenuto in tannini l’assunzione di quantità molto elevate potrebbe portare a disturbi della digestione e a costipazione, e ridotto assorbimento dei farmaci alcalini (alcaloidi e composti basici) in caso di assunzione contemporanea o molto ravvicinata nel tempo. La somministrazione di fitoterapici esige competenza ed è pertanto consigliabile rivolgersi a un medico esperto. Eccessi e difetti nei dosaggi possono essere causa di disturbi piuttosto che la loro soluzione. L’automedicazione è certamente poco raccomandabile. Un trattamento in nutrizione clinica associata fitoterapia non si contrappone né sostituisce le linee guida della medicina convenzionale. Al contrario esso stabilisce con esse una virtuosa collaborazione e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.
Dott. Fabio Elvio Farello, Fitoterapia a Roma